Islanda – Se non ti piace il tempo islandese adesso, aspetta 5 minuti: probabilmente peggiorerà

“[…] L’uomo guardò Erlendur senza dire una parola. Trascorse un lungo momento, ed Erlendur pensò che l’uomo si fosse addormentato a occhi aperti […]”

 

Il desiderio di visitare l’Islanda è vecchio, la terra del ghiaccio e del fuoco e la natura incontaminata ci hanno sempre attirato, ma stavolta abbiamo il geologo nel gruppo, e così il 2011 diventa l’anno dell’Islanda. Iniziamo mesi prima con la preparazione, ciascuno di noi acquista una guida e sembra recitare una parte come in un gioco di ruolo: Laura, quella seria del gruppo, prenderà una didascalica Polaris; Donato, da buon menestrello, comprerà una delirante Bradt, che ci regalerà momenti esilaranti con leggende e storie sull’Islanda e il popolo nascosto; Caterina, nei secoli fedele, sceglierà un’angosciante Routard, che fra l’altro ci consiglierà di viaggiare in autostop nei gelidi e deserti fiordi nord-occidentali (sì, la Routard non si smentisce mai); Monica e Rosario opteranno per una pratica Lonely.

Nella tranquilla Ancona a casa di Cate buttiamo giù un piano d’attacco sull’itinerario di viaggio: l’Islanda possiede una strada principale asfaltata a forma di anello, l’Hringvegur (detto anche il “Ring”). Decidiamo di optare per una vacanza itinerante che segua il Ring, pernottando quasi sempre in un posto diverso; l’unica deviazione consistente sarà per i fiordi nord-occidentali:

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1° GIORNO: 13 AGOSTO 2011
Keflavik, Noleggio auto, Ponte dei continenti e distese di Lava, Laguna Blu, Reykjavik

2° GIORNO: 14 AGOSTO 2011
Reykjavik, Laugardalslaug

3° GIORNO: 15 AGOSTO 2011
Circolo d’oro: Parco Nazionale di Þingvellir, Geysir, Gullfoss, Borgarnes

4° GIORNO: 16 AGOSTO 2011
Arnarstapi, Hellnar, Parco Nazionale di Snæfellsjökull, Grundarfjörðour, Stykkishólmur

5° GIORNO: 17 AGOSTO 2011
Partenza del traghetto Baldur per Brjánslækur nei fiordi nord-occidentali, scogliere di Látrabjarg, Brjánslækur

6° GIORNO: 18 AGOSTO 2011
Hvammstangi, osservazione delle foche, Hvammstangi

7° GIORNO: 19 AGOSTO 2011
Glaumbær, riva destra dello Skagafjörður, Siglufjörður, Eyjaförður, Akureyri

8° GIORNO: 20 AGOSTO 2011
Goðafoss, Mývatn Occidentale, bagni termali di Mývatn, Húsavík

9° GIORNO: 21 AGOSTO 2011
Asbyrgi, Dettifoss, Selfoss, Hafragilsfoss, Leirhnjúkur (Krafla), Hverir, Egilsstaðir

10° GIORNO: 22 AGOSTO 2011
Eskifjörður, Stöðvafjörður, Hofn

11°GIORNO: 23 AGOSTO 2011
Jökulsárlón, pendici del Vatnajökull, Parco nazionale di Skaftafell: Svartifoss e Skaftafellsjökull, Vik

12° GIORNO: 24 AGOSTO 2011
Landmannalaugar, Vik

13° GIORNO: 25 AGOSTO 2011
Skógafoss, Seljalandsfoss, Keflavik

Atterriamo a Keflavik, fomentatissimi. L’aereo sembra planare sulle distese di lava. Fuori dall’aeroporto è notte, anche se sembra un eterno crepuscolo.

L’indomani la giornata è limpida, usciamo dall’hotel (dopo esserci spacciati per spagnoli che vogliono rubare le cose della colazione) e ci accoglie un vento che taglia la faccia: sarà una costante questo vento freddo.

All’autonoleggio scopriamo che abbiamo pagato per un veicolo 4×4 a trazione integrale, sperando di avere un mostro divoratore dello sterrato, per avere invece un 4×4 ford scamuffo. Niente, c’hann fatt o’ pacco! Partiamo subito alla volta del ponte dei continenti, una depressione punto di cesura tra la placca nordamericana e quella eurasiatica, in fase di allontanamento. I campi di lava sono come li aveva descritti Rosario: belli, neri e.. taglienti!

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In serata è la volta della Laguna blu, una piscina termale all’aperto piena di silicati che danno un aspetto lattiginoso all’acqua.

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Mentre sorseggiamo una birretta immersi nell’acqua a 28°C (fuori ce ne sono 8°) incontriamo il famigerato mostro di silice, un avventore delle terme ricoperto a tal punto di argilla bianca da sembrare il mostro della palude.

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Le terme sono rilassanti, e così raggiungiamo Reykjavik soddisfatti.

Visitiamo la città il giorno dopo, e si rivela carina, anche se non restituisce l’impressione di una capitale europea nella nostra idea di genere.

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Le case, stranamente, sono ricoperte da lamiera, e gli interni sono iper-riscaldati.

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Da veri turisti temerari assaggiamo dei tocchetti di hákarl, lo squalo putrefatto, preparazione tradizionale islandese retaggio di un tempo in cui scarseggiavano gli alimenti e annoverato tra i cibi più disgustosi al mondo. Fa veramente schifo comunque, è trattato con ammoniaca e dopo il primo boccone te la senti tutta nelle vie aeree. Donato e Caterina, non soddisfatti, nel tentativo di immergersi nella cultura islandese comprano anche un po’ di harðfiskur, il merluzzo essiccato, con il quale vincono l’alitosi del secolo.

Il 3° giorno è dedicato al Parco di Þingvellir, luogo in cui nel 930 d.C. fu fondato il Parlamento islandese, Alþingi, uno dei primi, se non il primo, parlamento del mondo. L’Althing si riuniva all’aperto una volta l’anno, occasione in cui i Lögsögumenn o “oratori della legge” recitavano la legge alla popolazione radunata e dirimevano le dispute. Qui, nell’anno 1000 Þorgeir Ljósvetningagoði decretò che il Cristianesimo sarebbe stata l’unica religione islandese.

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Proseguendo lungo il “circuito d’oro” arriviamo all’impressionante Strokkur, il più antico geyser conosciuto, capace di proiettare fiotti di acqua bollente fino ad un’altezza di 60 metri, e quindi alla prima tra le grandi cascate visitate, Gullfoss.

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A sera inoltrata raggiungiamo Borgarnes dove apprendiamo che la signora del b&b ha appena dato via la nostra camera, ma niente paura ce ne trova subito un’altra, ottima, presso l’ostello cittadino. Gli islandesi sono così, non è un fatto di denaro, sono solo un po’ strani e lungo il nostro viaggio ce ne accorgeremo.

L’indomani mattina siamo da lei per “la migliore colazione del Borgarfjörður” (testuali parole): pancakes con sciroppo d’acero, aringhe affumicate con cipolla, toast, marmellate e ogni ben di Dio. Sazi e con un sorriso a 32 denti partiamo alla volta di Arnarstapi, piccolo villaggio di pescatori nella parte meridionale della penisola dello Snæfellsnes, dove i protagonisti del Viaggio al centro della Terra di Jules Verne fanno l’ultima tappa prima di scalare lo Snæfellsjökull, il vulcano, porta di accesso al sottosuolo.

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Tempo di sorbire una veloce zuppa di pesce a Hellnar e iniziamo la salita della montagna. Il nostro puzzoso fuoristrada, in spregio alla categoria di veicoli a cui appartiene, decide che in un tratto particolarmente ripido di sterrato non ce la fa a portare 5 persone, e così resta solo Rosario alla guida mentre noi 4 facciamo a piedi la parte più ripida del costone. La prossima volta noleggiare un 4×4 significherà non scegliere nulla meno di un Land Rover Defender, cacchio!

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L’attraversamento dello Snæfellsjökull e delle sue lingue di ghiaccio ci porta via più tempo del previsto, e così giungiamo in tarda serata a Stykkisholmur, borgo di pescatori adagiato sulla costa settentrionale della penisola.

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La mattina successiva c’è giusto il tempo di innescare un principio d’incendio scassando il tostapane della signora e prendere il traghetto per i fiordi nord-occidentali: sono le 7 del mattino, e a bordo un bambino islandese mangia allegramente salutari hot-dog e patatine, innaffiati da un litro di coca-cola. La traversata del “Baldur” dura circa 3 ore e sbarchiamo a Brjánslækur, alla volta delle scogliere di Látrabjarg: obiettivo puffin.

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Tuttavia la seconda metà d’agosto è un periodo difficile per l’osservazione dei pulcinella di mare, l’uccello tipico d’Islanda, ne abbiamo visti solo 2 lungo la traversata, mentre dovrebbero essercene a migliaia sull’isola, se non sono già tutti migrati.

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La triste conferma l’otteniamo a Látrabjarg: dopo un bel po’ di strade deserte flagellate dal vento (che la Routard suggeriva di fare con l’AUTOSTOP), paesaggi mozzafiato (incluso un peschereccio abbandonato arenato sulla spiaggia) giungiamo alle scogliere: di puffin neanche l’ombra, solo pecore, gabbiani d’islanda e fulmari, oltre a un micidiale vento, si capisce.

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In serata raggiungiamo casa di Torfi, e qui è doverosa una precisazione: le indicazioni stradali in Islanda sono un po’ particolari. Se prendiamo una cartina delle nostre zone, i puntini più piccoli saranno ad esempio i comuni fino a 10.000 abitanti. In Islanda i puntini più piccoli sono le singole fattorie, tipo “Casa di Torfi” (sulla cartina!). Ci accoglie il nostro ospite, un personaggio barbuto stile capitan Findus, riflessivo, forse troppo, autore di dialoghi in slow-motion.

Laura: “Is there a wi-fi?”
Torfi: “…«minuto di silenzio»…Yes…”
Laura: “Is there a password for the wi-fi?”
Torfi: “…«minuto di silenzio»…Yes…”
…«altro minuto di silenzio»…
Torfi: “…Do you want it?…”
Laura: “Yes I do”

Non c’è nulla da fare. Fai un viaggio in Islanda e capisci perché i più grandi scrittori di noir sono nordici! La mancanza di luce e la solitudine devono essere le cause principali della loro stranezza. Nel cottage di Torfi la sera Donato dà il meglio di sé, dimostrandosi un vero ometto islandese e andando a stendere i panni al vento con infradito e magliettina.

Il giorno successivo abbandoniamo le “tre dita” per tornare alla “civiltà” e riprendere il Ring. Oggi andremo a caccia di foche, Hvammstangi è la nostra destinazione. Questi splendidi animali ci fanno subito simpatia, ciccioni e paciosi passano la giornata a ingrassare e a godersi i raggi del sole. Ma occhio alle teste, intanto le sterne artiche sono in agguato, e sono uccellini piuttosto aggressivi! Lungo la strada ci fermiamo ad ammirare Hvítserkur, un faraglione dalla forma bizzarra. Questa è terra di troll, e come molte formazioni rocciose simili anche Hvítserkur racconta una leggenda: pare che si trattasse di un troll che fu sorpreso dal sorgere del sole mentre cercava di distruggere il monastero di Þingeyrar.

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Avevamo anticipato qualcosa sul freddo e il vento islandese. Bene, la mattina dopo di buona lena a caccia di foche in un breve giro in barca prendiamo atto che siamo gente di altre latitudini, e all’urlo di “si riscaldi chi può!” troviamo qualcuno (qualcuno di Ancona…) spalmato sul comignolo di scarico dei fumi del motore. Scesi dalla barca è la volta di un po’ di cultura, ci rechiamo a Glaumbær, un sito storico dove sono visitabili le tipiche abitazioni con tetto di torba ed è possibile comprendere come vivessero gli islandesi nei secoli scorsi.

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Poi puntiamo dritti verso nord e raggiungiamo Siglufjörður, punto più settentrionale del nostro itinerario, siamo a 40 km dal circolo polare artico. Davanti a noi un “paesaggio in technicolor”, un villaggio di pescatori sviluppatosi per la pesca e la lavorazione dell’aringa.

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Concludiamo la giornata nella “capitale del nord”, Akureyri, seconda città d’Islanda (circa 17.000 abitanti), dove sembra di essere in un altro paese: siamo circondati da montagne, l’area intorno ad Akureyri ha uno dei climi più caldi in Islanda.

La cittadina è vivace ma non ha grandi attrazioni, e così l’indomani mattina partiamo alla volta di Goðafoss, che si getta scenograficamente dal campo di lava di Bárðardalur. Questa cascata ha un significato importante nella storia islandese: infatti, dopo aver decretato che il Cristianesimo sarebbe stata l’unica religione, Þorgeir Ljósvetningagoði, sulla via del ritorno a casa, gettò nelle sue acque le statuette raffiguranti idoli nordici, dandole il nome di Goðafoss, la “Cascata degli dei”.

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L’aria si fa ancora più calda e umida quando raggiungiamo la meravigliosa regione del lago Mývatn, che regala paesaggi multicolori di bellezza aspra e ultraterrena, solcata da pozze di fango ribollenti, formazioni laviche, bocche fumanti e crateri vulcanici.

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Il lago Mývatn deve il suo nome a quello che rimane un ricordo indelebile per tutti i viaggiatori che visitano quest’area durante l’estate: gli sciami di moscerini. Attratti dall’anidride carbonica, ogni volta che si espira ci si ritrova nugoli di fastidiosi insettini che si tuffano come kamikaze in occhi, orecchie, naso e bocca. Concludiamo la giornata con un rilassante bagno nelle terme di Mývatn, la “laguna blu” del nord. E c’è persino tempo per delle avances: un russo leggermente alticcio, evidentemente invaghitosi di Caterina, si libera di ogni orpello e nudo prova a inseguirla per gettarsi fra le sue braccia. Ma la ragazza è schiva, nel senso che abilmente schiva il colpo.

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L’area merita ulteriori esplorazioni e l’indomani saliamo sulla caldera del vulcano Krafla (“inferno” in islandese).

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Ci concediamo lunghi giri per le caldissime distese laviche di Hverir e Namaskard, fino a raggiungere il grandioso canyon Jökulsárgljúfur, dove si trovano le tra cascate di Dettifoss, Selfoss e Hafragilsfoss.

Dettifoss è impressionante, è la cascata con la maggiore portata in Europa, resa celebre dalla scena iniziale di Prometheus.

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Selfoss è spettacolare con la sua forma a ferro di cavallo. Hafragilsfoss, la “Cascata del Canyon della Capra” deve invece il suo nome alla leggenda secondo cui la gigantessa Kráka vi avrebbe fatto pascolare le sue capre mentre si riposava.

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Il giorno successivo, con la colazione ancora da smaltire, ci inerpichiamo per un’ora e mezza per raggiungere le due cascate Hengifoss e Litlanesfoss, quindi ripresa l’auto ci dirigiamo in una miniera di spato islandese ormai dismessa. Lo spato islandese è un cristallo capace di scindere la luce polarizzata, che forse permetteva agli antichi navigatori vichinghi di rilevare la posizione del sole. La giornata è brutta e piovosa (sembra essere frequente nei fiordi orientali), e non ci regala molto altro.

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L’indomani mattina raggiungiamo le pendici del Vatnajökull, la cappa di ghiaccio situata nell’Islanda sudorientale, e il ghiacciaio più esteso al di fuori della regione artica.

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Un grande ponte ci avvisa che stiamo avvicinandoci a un posto magico. Davanti a noi appare un’ampia laguna, invasa da blocchi di ghiaccio di ogni forma e dimensione, che staccatisi dall’enorme ghiacciaio che si staglia sullo sfondo, danno l’impressione di una lenta ma inesorabile avanzata a strangolare la laguna: i piccoli iceberg resistono al sole per andare a morire nel mare. E’ la laguna glaciale Jökulsárlón.

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Dopo un giro della laguna con un mezzo anfibio ci rechiamo ad ammirare le splendide colonne di basalto della cascata Svartifoss, “Cascata nera”, nel Parco nazionale di Skaftafell.

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Poi la strada costeggia la lingua di ghiaccio dello Skaftafellsjökull, e lentamente ci lasciamo il ghiacciaio alle spalle per raggiungere Vik.

Il giorno successivo è dedicato a Landmannalaugar, verso l’interno: dopo diversi guadi con il nostro fuoristrada scamuffo ci sentiamo dei veri eroi, quasi dei sopravvissuti, ma arrivati sul luogo un autista di autobus islandese brutalmente ridimensiona la nostra autostima con un perentorio “It’s not easy FOR YOU! HA HA HA!”.

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L’area conferma la sua fama, e ripaga i nostri sforzi con meravigliose colline dai colori pastello: senza dubbio merita tutte le ore di trekking che le dedichiamo.

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La vacanza è quasi agli sgoccioli, ma abbiamo ancora un giorno da dedicare alle cascate di Skógafoss, caratterizzata dai magnifici arcobaleni che il sole crea con le gocce d’acqua sollevate dalla caduta, e di Seljalandsfoss, la cui peculiarità è un sentiero che permette di arrivare dietro la cascata stessa ed ammirarne il getto.

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Ancora frastornati dalla bellezza di questa terra, che ci rimarrà indelebile nel cuore, la mattina successiva siamo nuovamente a Keflavik per rientare in Italia.

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